Lobbying, il rapporto pubblico-privato tra falsi miti e realtà

  • 2 anni fa
Roma, 8 ott. (askanews) - L'evoluzione del rapporto tra pubblico e privato in Italia, tra falsi miti e realtà. E' stato questo il tema al centro della prima Reunion degli alumni del Master in Relazioni istituzionali, lobby e comunicazione d'impresa della Luiss Business School, nel corso della quale gli ex allievi hanno assistito ad un confronto tra il presidente della Scuola Luigi Abete e il giornalista Giovanni Floris. Francesco Delzio, fondatore e condirettore del Master, che ha fatto da moderatore al dibattito, ha spiegato così il nocciolo della questione: "Il rapporto pubblico-privato è dominato da una serie di pregiudizi che sembrano non poter essere estirpati. Il pregiudizio del malaffare, il pregiudizio della contaminazione, tutto quello che si svolge lungo l'asse tra pubblico e privato di solito viene ritenuto dai media, da molti stakeholder, da molti influencer, malato"."Eppure - ha sottolineato Delzio -, il rapporto pubblico-privato è la colonna vertebrale del sistema produttivo e sociale italiano e con il Master in Luiss che ho ideato 15 anni fa in Relazioni istituzionali, lobby e comunicazione d'impresa noi formiamo professionisti sul modello anglosassone che svolgono questa attività di ponte tra pubblico e privato in modo trasparente e competente".Dalla contrapposizione quasi ideologica tra pubblico e privato, che si registrava fino agli anni 90, si è passati via via a una progressiva e proficua complementarità, ma la strada è ancora lunga, soprattutto sul fronte dell'attività di lobbying, la cui regolamentazione, secondo Abete, potrebbe ad esempio aiutare la Pubblica amministrazione a superare la "paura della firma", il non decidere per non assumersi responsabilità."È uno degli strumenti - ha detto Abete a proposito del lobbismo regolamentato - per consentire a ognuno di fare bene il proprio mestiere, certamente accanto a questo bisogna delimitare bene quello che è la responsabilità discrezionale rispetto a quello che è il rischio di natura penale, perché il vero motivo per cui gli amministratori non firmano è che temono che un atto discrezionale, che è nella loro facoltà e nel loro dovere esercitare, venga poi interpretato come un atto che è stato assunto per altri motivi".Nonostante l'evoluzione del rapporto pubblico-privato abbia portato a progressi sul piano economico e sociale, l'attività di lobbying ad esso correlato, che costituisce un patrimonio di professionalità e competenze per l'intero sistema, mantiene nell'opinione pubblica italiana un'accezione fortemente negativa.Secondo Floris si tratta di un problema più profondo, di carattere culturale: "In Italia in questo momento l'unico interesse legittimo è il proprio, di ognuno di noi. Qualsiasi altro interesse attenta a quello che secondo noi è l'unico interesse da tutelare, l'interesse mio, particolare. Questo è un problema molto più ampio dell'accezione di lobby, è un problema del paese che non riesce più a inquadrare i problemi se non in un'accezione egoistica".

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